Il vegan è sicuramente una delle tendenze emergenti nel mondo del vino. Il valore di questo mercato, secondo adnkronos, si aggira attorno ai 6 milioni di Euro. Ma una domanda sorge spontanea: cosa significa che un vino è vegano? E perchè c’è bisogno di certificare la natura vegana di un vino? In questo post proveremo a dare una risposta a queste due domande.
A questo scopo, è forse utile riprendere brevemente la definizione di vegano. Secondo Wikipedia, il termini vegano sembra essere stato definito da Donald Watson, uno dei fondatori, nel 1944, della vegan society. È un neologismo composta dall’inizio e la fine della parola vegetarian e sta appunto ad indicare l’inizio e la fine del vegetarianismo. Al di là dei cenni storici, il veganismo, diversamente dal vegetarianismo, consta nel rifiuto di mangiare qualsiasi cibo di derivazione animale. Per cui, i vegani, come i vegetariani, non mangiano carne e pesce, ma anche uova e latticini.
A questo punto vi starete domandando: perché un vino dovrebbe essere non vegano? Un vino, infatti, è per definizione di origine vegetale. Per cui è vegetariano. Ma per essere anche vegano deve essere prodotto senza l’uso di derivati di origine animale. E questo non è sempre vero. Nella produzione dalla maggioranza dei vini si utilizzano dei coadiuvanti e degli additivi di origine animale soprattutto nella fase di chiarificazione ovvero per eliminare le impurità residue. Quali sono questi coadiuvanti e additivi? Albumina d’uovo, Caseina e caseinati, colla d’ossa, colla di pesce e gelatina. Questi prodotti, una volta esaurita la loro funzione, sono eliminati dal prodotto finale, ma possono restare dei residui. Quindi, un vino vegano è un vino che è stato prodotto e non contiene, neanche in forma residuale, additivi o coadiuvanti di origine animale.
Bene, adesso che abbiamo capito cos’è un vino vegano, come facciamo a riconoscerlo tra gli scafali di un supermercato o di un’enoteca? Come spesso accade in questi ambiti, questa materia non è ancora normata ne a livello nazionale e neanche a livello comunitario. Questo significa che siamo ancora nell’ambito delle dichiarazioni volontarie, che sottostanno alle norme generali in materia di etichettatura. Esistono però dei marchi che certificano la veridicità di tale affermazioni.
I più noti sono:
Quindi, se desiderate bere vegano verificate che ci sia uno di questi marchi sull’etichetta. Se volete saperne le differenze o se ne trovate di nuovi, leggete i disciplinari pubblicati nei siti degli enti certificatori. Bere vegano significa bere vini che non contengono additivi e coadiuvanti di origine animale. Questi additivi e coadiuvanti sono contenuti in modo residuale nel vino. Ma non fare uso di questi prodotti significa usare delle tecniche di spremitura e vinificazione che riducono all’origine la produzione di residui. Questo, ovviamente, può donare al vino delle note e dei sentori non riscontrabili in altri vini. Non solo! I vini vegani, per legge, contengono una quantità inferiore di solfiti.
Per quanto riguarda l’offerta di vini vegani, questa è ancora residuale. Comunque, come da un recente articolo pubblicato sul blog biobank - La banca dati del Bio - le aziende vinicole certificate vegan in Italia sono 22 distribuite su 9 regioni. Le ragioni maggiormente rappresentate sono Abbruzzo con 5 aziende, Veneto e Marche entrambe con 4. Molto interessante, a questo proposito, il risultato delle Marche, che non è una delle regioni dove si produce elevatissime quantità di vino.
Quindi, vegano o non vegano? Come sempre…la scelta spetta a voi un ragione dei vostri gusti e, in questo specifico caso, dei vostri credo. La scelta vegan, infatti, è anche una scelta etica, di cui dovete tenere sempre conto quando decidete di acquistare un vino.