Sono i 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci e abbiamo pensato di ricordare anche noi il grande Maestro….ovviamente a nostro modo ovvero in relazione al vino.  L’idea per questa pillola mi è venuta alcuni giorni fa quando, durante una riunione dedicata al Cenacolo di Santa Maria delle Grazie a Milano, mi hanno raccontato la storia della vigna di Leonardo.

Cominciando a raccogliere materiale per questa pillola, ho scoperto che il Maestro era anche un fine conoscitore dell’arte di produrre buon vino oltre che un sapiente degustatore di quello che lui stesso ha definito, attribuendogli un valore quasi spirituale,  “il divino licore dell’uva”.

Quindi Leonardo era un fino conoscitore del vino e pensandoci bene, non poteva essere che così. Leonardo era toscano, tuttora una tra le più importanti regione vitivinicola italiana. Toscano di Vinci, un piccolo borgo della campagna dove, anche nel podere di famiglia, si coltivava la vite e si produceva il vino. È qui, come dice SimonPietro Felice – Direttore di Cantine Leonardo -, che nasce l’amore di Leonardo per il Vino. Un amore che l’accompagnerà tutta la vita e che lo porterà a scrivere, nel 1515, una lettera al fattore del suo Podere di Fiesole su come produrre del vino “senza difetti e genialmente buono”. Questi dettami sono la base del metodo Leonardo, ogg sviluppato ed applicato dalla Cantina Leonardo, cantina sociale appartenente al Gruppo Caviro, nella produzione di 5 nuove linee di vini appena lanciati nel mercato. Il più importante di questi è il Santo Ippolito, un Supertuscan fatto da Sangiovese, Syrah, Merlot e che magari, in una prossima pillola, degusteremo.

Inoltre, per dare corpo a questo sapere, il 2 maggio scorso è stato inaugurato, nel borgo natale di Leonardo, il museo “Leonardo e il Rinascimento del Vino”. Infine, è stato pubblicato un libro intitolato Leonardo da Vinci e il Vino e un documentario che ha lo scopo di promuovere nel mondo il contributo di Leonardo all’enologia e al vino. 

Ma quali sono questi contributi che Leonardo ha dato al mondo del Vino. Sono principalmente 3. Il primo è la grande attenzione alla vitalità della pianta. La vite, secondo Leonardo, deve crescere in un ambiente salubre e essere autonoma ed indipendente. Secondo,la concimazione della vite con sostanze basiche. E infine, la vinificazione in botti chiuse. Leonardo si lamenta del fatto che durante il “bullimento, per aver condotta questa fermentazione a vasi discuoperti, tutto l’aroma se ne è fuggito con l’essenza”. Oggi sono pratiche scontate, ma non lo erano ai tempi di Leonardo. 

 

Ma torniamo alla vigna di Leonardo. Siamo nel 1498 e il Maestro sta lavorando,nel refettorio di Santa Maria delle Grazie, ad uno suoi capolavori più noti, l’Ultima Cena, commissionatogli 3 anni prima da Ludovico il Moro. Quest’ultimo, essendo venuto a conoscenza del grande amore di Lenardo per la viticoltura, decide di regalargli un vigna di 16 pertiche. Come risulta da due mappe schizzate dallo stesso Leonardo, la vigna di Leonardo era di forma rettangolare ed situata nel retro della Casa degli Atellani. 2 anni dopo, quindi nel 1500, Leonardo lascia Milano e affitta la vigna al padre dell’allievo prediletto Gian Giacomo Caprotti, detto il Salai. La vigna viene prima confiscata e poi restituita a Leonardo dai francesi, come condizione alla richiesta di rientrare a Milano per completare alcune opere rimaste incompiute. Infine, dispone nel testamento che la vigna venga suddivisa in due lotti uguali, da assegnare l’uno al Salai, che su quel terreno ha costruito una casa, e l’altro a Giovan Battista Villani, il servitore che l’ha seguito fino alla fine.

 

La vigna viene per secoli dimenticata fino a quasi un secolo fa, quando Luca Beltrami, uno dei massimi studiosi del periodo milanese di Leonardo, ritrova le tracce scritte di questa vigna. Nel 1920 l’area viene completamente urbanizzata, ma Beltrami, prima che tutto cambi, varca un cancello di via Zenale e incredibilmente ritrova, fotografa e tramanda i pergolati ancora vivi di quella che quattro secoli prima era stata la vigna di Leonardo. Se oggi andate a visitare il museo della Casa degli Atellani, nel retro trovate ancora la vite. No, non è quella coltivata da Leonardo, che non è riuscita a sopravvivere ad un incendio e ai bombardamenti del secondo conflitto mondiale. Quella che vedete è frutto di un lungo lavoro di ricerca condotto dall’enologo Luca Maroni e dal professor Attilio Scienza dell’Università di Milano, che hanno ricostruito il DNA della Vigna di Leonardo, hanno ha piantato in serra le viti necessarie all’innesto e nel marzo 2015, in coincidenza con l’Expo, hanno effettuato la nuova piantumazione del vitigno, seguendo i  camminamenti che regolavano i filari originali.

 

Bella storia…..direte voi…. Ma alla fine di tutto, che vitigno coltivava più di 500 anni fa Leonardo? 

 

La Malvasia di Candia Aromatica    

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