Questo articolo fa parte di una web series:

  1. San Francesco della Vigna: Il vitigno Nascosto 1/2

  2. San Francesco della Vigna: Il vitigno Nascosto 2/2

Oggi andiamo a visitare un posto magico. Siamo a Venezia e più precisamente nel “sestier de Casteo” nel campo della Celestia.

Vi domanderete che ci fanno dei Video Blogger che si occupano di vino in un posto come Venezia? Una città senza terra che poco si presta alla coltivazione delle vite e alla produzione del vino. Come sottolineato da questo bel articolo del Gambero Rosso, la toponomastica della città – Calle del vin, Calle della Malvasia, Calle della Malvasia Vecchia – ci ricorda come la Serenissima la facesse da padrona, complice anche la “piccola glaciazione”, nel commercio di vini. L’usanza di andare per bacari e il modo di dire “bere un’ombra” ricordano, inoltre, come il vino abbia avuto ed ha tuttora un ruolo importante nella cultura e nella socialità veneziana. Ma la storia che vi raccontiamo non ha nulla a che vedere con il commercio ed il consumo di vino. La storia che vi raccontiamo riguarda la coltivazione della vite e la produzione di vino. La Serenissima, come avremo modo di scoprire, era ricca di orti dove veniva coltivata la vite e di vignaioli dediti alla produzione del vino. Iniziamo oggi la nostra scoperta andando a vistare uno di questi luoghi: San Francesco della Vigna.

Qui abbiamo incontrato Frate Roberto che ci ha raccontato la storia di questo luogo.

In questo luogo, ci racconta Frate Roberto, si è sempre coltivata la vite.

Il contesto

Qui, infatti, sorgevano i vigneti più estesi e fecondi di tutta Venezia, di proprietà della famiglia Ziani. Nel 1253, alla morte di Marco Ziani conte d'Arbe, si stabilì, tramite testamento datato 25 giugno, che i vigneti, la chiesa ed alcune botteghe fossero lasciate ai frati minori. Successivamente, poiché il numero dei frati andava sempre crescendo, si dovette ampliare il convento e si decise di erigere una nuova chiesa su disegno di Marino da Pisa che venne chiamata proprio San Francesco della Vigna. La chiesa attuale è stata iniziata nel 1534 da Jacopo Sansovino Terminata nel 1554, la costruzione della grandiosa facciata fu affidata, dieci anni più tardi, ad Andrea Palladio. La prima costruita dal grande architetto a Venezia con grande fatica e lotta interiore ed esteriore, come sembra suggerire una delle interpretazioni delle iscrizioni in essa presenti.

La vite

La vite è coltivata nella parte più interna del convento. È stata piantata 7 anni fa successivamente all’incontro tra Frate Roberto ed un produttore della Valpolicella.

Il progetto ha uno scopo benefico: finanzia borse di studio per Istituto di Teologia Ecumenica ospitato presso il convento che ha lo scopo di promuovere il dialogo ecumenico.

Il vitigno è un teroldego. Il Teroldego è stato scelto in seguito ad uno studio sul terreno. Come ricorda Frate Roberto:

“Uno dei fondatori ha preso una borsa di terra, l'ha portata in un laboratorio e gli hanno consigliato questo vitigno”

La scelta è stata molto criticata anche perché non si tratta di un vitigno tipico della zona e non ha nessun legame storico con la città. Ma la vite si è ben ambientata in questo terreno molto particolare.

“La grande fatica della vigna è il salso che sale dal terreno che influisce molto sulla pianta e a volte la fa anche molto soffrire. Il Teroldego, però, cresce bene perché è una tipologia di vigna che resiste molto alle avversità tipiche di questo terreno.”

Il vino

Il vino prodotto, denominato Harmonia Mundi, è un taglio di Teroldego e Refosco, principalmente Teroldego con una piccola aggiunta di Refosco. Il nome si riferisce al titolo dell’opera di Francesco Zorzi, che ho voluto la chiesa in determinate misure. Nell’etichetta c'è la facciata del Palladio e merli delle mura dell'Arsenale.

 

Non ci resta altro che assaggiarlo. Direi di sì! E spero che ne venga anche la pena, dice Frate Roberto, anche se, chiaramente, il vigneto è giovane e bisognerebbe aspettare 6 o 7 anni ancora perché maturi la vigna.

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