L'utilizzo ormai incontrollato di diserbanti è diventato al giorno d’oggi un grande problema ecologico, e non solo. Infatti, per controllare le piante infestanti, si usano solitamente delle sostanze che sono dannose sia per il nostro pianeta, sia per l'uomo.
Una delle sostanze più utilizzate nella composizione dei diserbanti è il glifosato, un erbicida che, secondo recenti studi, sarebbe un prodotto altamente cancerogeno per l'uomo. E, come il glifosato, moltissimi altri diserbanti sono dannosi per la specie umana, a tal punto che l'Oms, l'organizzazione mondiale della sanità, ha stimato che fino ad ora, nel mondo, siano morte almeno 200 mila persone a causa di queste sostanze.
Inoltre, bisogna considerare che negli ultimi anni diverse specie di infestanti sono risultate essere resistenti alla molecola di glifosato e quindi sono diventate di difficile gestione.
Considerando il fatto che le sostanze utilizzate per eliminare le piante infestanti creano danni irreparabili anche al terreno, è chiaro quanto sia necessario trovare delle nuove alternative ai diserbanti chimici.
Le proposte sono state molteplici, come l'utilizzo del sale, dell'acido acetico, o della pacciamatura; per chi non lo sapesse è quella tecnica che consiste nel ricoprire il suolo con film plastici, o con i tessuti sintetici o naturali, piuttosto che foglie secche, ramoscelli, cortecce, o altro.
Tra queste alternative ne spicca una particolarmente interessante e degna di nota: si tratta dell'utilizzo di animali brucianti per estirpare le erbacce, e in particolar modo di pecore.
L'obiettivo è appunto quello di lasciar bruciare alle pecore quelle erbe che noi consideriamo fastidiose, ma che per loro rappresentano un pranzetto succulento.
Questa tecnica comporta sicuramente dei grossi vantaggi. Infatti, sfruttando una naturale esigenza, come quella delle pecore di nutrirsi, ampie aree possono essere liberate da piante indesiderate o dannose per le piantagioni presenti. Servirà solamente una rete di recinzione per impedire agli animali di fuggire, e qualcuno che si occupi, talvolta, di sorvegliare le pecore, le quali faranno automaticamente il lavoro. La voracità di questi animali, la loro fame insaziabile, garantiranno un lavoro senza interruzioni. Sarà come avere all'opera degli instancabili operai.
Questo ovviamente comporta un bassissimo impatto ambientale, in quanto si va a sfruttare, nel migliore dei modi, una risorsa naturale.
Anche la coltivazione, liberata dalle erbacce grazie alle pecore, trae enormi giovamenti dal non venire a contatto con sostanze chimiche dannose.
Ovviamente a fronte di tanti pro compaiono anche degli svantaggi. In primis bisogna considerare il costo, in quanto prendersi cura di un gregge di pecore comporta una serie di spese che possono apparire gravose; d’altra parte, c'è la problematica relativa al fatto che le pecore potrebbero non limitarsi a mangiare le erbacce, ma la loro ghiottoneria le potrebbe spingere a indirizzare le proprie mire nei confronti della coltivazione vera e propria.
A questo proposito, nel 2007, in California, sono stati condotti una serie di studi e di esperimenti per indurre le pecore a non interessarsi della coltivazione. All'interno di un vigneto, un gregge di pecore che doveva sostituire il diserbante, rivolgeva in realtà le proprie attenzioni principalmente ai gustosi grappoli, disdegnando le erbacce. I ricercatori dell'università della California hanno deciso allora di prendere il gregge, di nutrirlo con l'uva, e poi di somministrargli del litio - una sostanza che crea un forte senso di nausea. In questo modo le pecore hanno collegato il senso di nausea all'assunzione dell'uva e da allora se ne sono tenute alla larga.
Sicuramente il loro esperimento è stato efficace, ma bisogna domandarsi se modificare a tal modo la natura, e sfruttare questi animali, sia corretto.
Utilizzare le pecore come diserbanti naturali è sicuramente un'opzione valida e sostenibile, con uno scarso impatto ambientale, che giova sia noi che alla nostra terra, ma che potrebbe comportare un eccessivo intervento umano nella vita animale.
Le pecore non sono gli unici animali che possono aiutare i viticoltori per il controllo delle malerbe. Per esempio, nella Cantina di Filippo, a pochi chilometri da Montefalco, in Umbria, sono le oche vignaiole ad occuparsi delle vigne, le quali, mangiando le erbe che nascono tra i filari, tengono a bada le piante infestanti, quindi riducono al minimo l'utilizzo dei macchinari, diminuendo l'impatto ambientale e la compattazione del terreno, e ovviamente concimano e migliorano la qualità della sostanza organica del suolo.