Oggi parliamo dell’Uva di Troia o anche nota come Nero di Troia. Questi nomi sono usati per identificare un antichissimo vitigno autoctono pugliese coltivato prevalentemente nelle zone di Castel del Monte, nella provincia di Barletta-Andria-Trani, e nella parte settentrionale della provincia di Bari. Le origini di questo vitigno non sono certe, ma certo è il legame con la cittadina di Troia, non quella della Grecia, ma quella in Provincia di Foggia. In realtà la Troia Greca c’entra qualcosa. Infatti, la leggenda vuole che l’uva di Troia sia stata portata in Puglia da un eroe della guerra di Troia: Diomede. Si narra anche Federico II di Svevia amasse particolarmente degustare il “corposo vino di Troia”. Malgrado, sempre secondo la leggenda, Diomede fosse sbarcato lungo le coste del Gargano, appunto nelle vicinanze di Troia, il Nero di Troia era quasi totalmente scomparso dalla parte Nord della Puglia soppiantato dall’ulivo, che ha una domanda di mercato molto più elevata e una produttività superiore. Per nostra fortuna, però, ha trovato ampi spazi di sviluppo nelle zone più meridionali della Puglia e più, recentemente, è stato riscoperto anche nella parte settentrionale.
Il Nero di Troia, ovviamente, è un vitigno a bacca nera. E’ un vitigno che matura a inizio ottobre ed è caratterizzato da buccia nera e spessa, con polpa carnosa e dolce. L’alta carica polifenolica che conferisce a questo vino un colore rubino intenso che, a volte, può sembrare appunto "nero" è motivo del suo nome. E’ stato sempre considerato uno dei vitigni pugliesi più importanti per la produzione di vini da taglio, a cui contribuisce apportando corpo e colore. Di recente, c’è stata una riscoperta di questo vitigno, che viene vinificato in purezza. E’ un vino che, data la sua alta carica polifenolica e il suo corpo, deve fare un lungo periodo di affinamento prima in legno e poi in bottiglia. Il risultato è un vino abbastanza fruttato con dei sentori che ricordano la mora e la prugna. Si abbina bene a piatti di carne anche, anche in preparazioni saporite o speziate, fino anche a piatti di selvaggina.