Questo articolo fa parte di una web series:
La Lavorazione di una Caraffa in Vetro di Murano
In questa terza puntata della web series dedicata a Gambaro & Tagliapietra, storica fornace muranese, il Maestro Tagliapietra produce manualmente un altro “attrezzo” che non può mancare nella dispensa dell’appassionati di vino: la caraffa. Nelle altre due puntate abbiamo visto la produzione artigianale di altri due attrezzi del mestiere:
L’oggetto prodotto è la classica caraffa a palla. Si caratterizza per due lavorazioni tipiche dell’arte muranese. La prima, che abbiamo già visto nella puntata precedente, consiste nelle bolle. La seconda, più nota, ha come oggetto le cosiddette murrine. Queste sono delle lavorazioni colorate che assumono le sembianze di fiorellini incastonati nel vetro.
Ma come vengono prodotte le murrine? Innanzitutto, le murrine sono prodotte in lunghe canne secondo una tecnica molto antica attualmente applicata dai soli Maestri vetrai muranesi. Le origini di questa tecnica, come si diceva, sono molto antiche. Secondo Wikipedia, al suo sviluppo si dedicarono prevalentemente i maestri vetrai alessandrini e successivamente i romani, a partire dal I° secolo a.c.. Dimenticata nel Medioevo, fu riscoperta, a partire dal XVI, dai maestri vetrai veneziani. Infine, la tecnica venne ulteriormente perfezionata verso la fine del XIX secolo sempre a Murano.
La produzione delle canne di murrina è molto complicata e, anche per la mancanza di maestranze specializzate, sono rimaste solo due aziende al mondo a produrle (vedi puntata How It’s made). Per la produzione di vasi e bicchieri le canne di murrine vengono tagliate in sezioni e poi applicate sul vetro ancora fuso. Per cui, quando il Maestro soffia il vetro per dare forma al bicchiere o alla caraffa, le murrine si allargano dando luogo ai tipici fiorellini.
Ma cosa si può scaraffare in una caraffa come questa? Noi ci abbiamo scaraffato un ottimo prosecco Sur Lie. Lasciato risposare per un breve periodo sulla nostra caraffa, oltre a fare decadere i residui solidi, l’ossigenazione permette di apprezzare ancor di più quel sentore di crosta di pane che rende unico questo prosecco di una volta.